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L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA SOSTENIBILITÀ



Supponiamo che qualcuno avesse chiesto a un italiano degli anni Sessanta del Novecento: «Cosa pensi del riscaldamento globale, dell’effetto serra e del loro impatto ambientale, considerando che oggi la plastica non è compostabile né riciclabile e che non si fa la raccolta differenziata, con tanti saluti alla sostenibilità e alla green economy?». Probabilmente quell’italiano di 60 anni fa si sarebbe guardato attorno: per cercare disperatamente una cabina telefonica dalla quale chiamare un interprete, i carabinieri e/o il pronto soccorso. Nel lessico dell’epoca erano quasi del tutto assenti i termini usati nel quesito, così come latitavano il contesto semantico, scientifico, culturale e storico cui si riferiscono. La stessa domanda posta nel decennio successivo avrebbe suscitato più o meno le stesse reazioni, con qualche piccola graduale consapevolezza in più.

A quei tempi uno dei pionieri era stato Giorgio Nebbia (1926-2019), chimico, professore di Merceologia all’Università di Bari, tra i fondatori dell’ecologia economico-sociale e tra i padri dell’ambientalismo in Italia. Però Nebbia all’inizio predicava spesso nel deserto: erano temi cari a pochi specialisti. Poi le cose cambiarono. Nel 1985 uscì, con grande clamore, un libro del magistrato Gianfranco Amendola, In nome del popolo inquinato. Manuale giuridico di autodifesa ecologica, pubblicato col sostegno di Legambiente (una delle nuove associazioni ambientaliste nate in quel periodo). Nel frattempo era cresciuto il movimento contro le centrali nucleari, le cui preoccupazioni erano state confermate dal disastro atomico di Chernobyl, nel 1986; erano comparse anche le prime formazioni politiche verdi, al debutto nelle elezioni regionali del 1985 e, seppur divise, accomunate in 11 Regioni dal simbolo del Sole che ride (ciò portò poi alla nascita della Federazione dei Verdi, legata ad analoghe formazioni europee). Si era inoltre cominciato a fare la raccolta differenziata in alcune zone del Paese (all’inizio solo carta e vetro). Nel 1983, a livello governativo, fu affidata la prima delega all'ecologia, che poi portò alla nascita del Ministero dell’Ambiente (con denominazione variabili a seconda dei governi). Mentre il monitoraggio della qualità dell'aria e dell’acqua, iniziato sporadicamente in alcune città negli anni Settanta, fu formalizzato e regolamentato con la legge n. 203 del 1989, che istituì il Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA); dopo 11 anni fu introdotta la legge quadro sull’aria (n. 155/2000), recependo le direttive europee.

Continui allarmi

L’evoluzione della sensibilità nei confronti della tutela dell’ambiente anche in Italia è cresciuta in modo notevole, sull’onda di continui allarmi suscitati dalla criticità della situazione italiana e globale: dall’inquinamento di mari e fiumi al buco dell'ozono, dall’insalubrità dell’aria al riscaldamento globale con gli sconvolgimenti climatici e geopolitici conseguenti, eccetera. Ecco anche svariate conferenze planetarie dedicate, più in teoria che in pratica, alla prevenzione. Per arrivare alle manifestazioni in cui, in tutto il mondo, giovani e meno giovani negli ultimi anni hanno condiviso l’allarme lanciato da Greta Thunberg, la ragazza svedese impegnata nel responsabilizzare l’opinione pubblica e i governanti sui rischi derivanti dal mutamento climatico planetario: ha fatto nascere la “generazione Greta”, formata da giovani e giovanissimi. Risultato: nel 2024 la stessa domanda citata all’inizio, posta a un ragazzo e persino a un bambino, non provocherebbe lo sconcerto con cui avrebbero potuto reagire i suoi nonni o genitori fino agli anni Settanta o Ottanta.

Insomma, il cambiamento determinato nella lingua italiana dall’evoluzione della sensibilità in questo campo è stato ed è molto profondo. Tanto che persino una rivista dedicata ai più piccoli, «Focus Junior», ha dedicato al tema un articolo intitolato Il dizionario dell’ecologia: conosci le parole amiche dell’ambiente?. Se le devono conoscere i bambini, a maggior ragione devono “alfabetizzarsi” gli adulti. La questione, ovviamente, è di grande interesse anche per la linguistica. Non a caso l’Accademia della Crusca recentemente ha dedicato alla questione il libro L'italiano e la sostenibilità: a cura dei linguisti Marco Biffi (Università di Firenze), Maria Vittoria Dell'Anna (Università del Salento) e Riccardo Gualdo (Università della Tuscia), contiene anche interventi di non linguisti. È uscito alla fine del 2023 in occasione della XXIII Settimana della Lingua italiana nel mondo; col contributo del Ministero degli Esteri, che aveva deciso di dedicare l’evento proprio alla sostenibilità.

Il contributo della lingua italiana

Nella presentazione del libro si legge che la scelta fatta dal Ministero è stata importante, dato che ha sottolineato come il tema della sostenibilità [...] vada affrontato anche con il contributo della lingua; e, va sottolineato, anche con il contributo – essenziale – della lingua italiana. [...] Perché una politica di sostenibilità sia realmente realizzabile è necessario coinvolgere tutti i cittadini, a ogni livello, [...] e per avere l'appoggio di tutti è necessario che tutti comprendano bene le ragioni, espresse in modo chiaro a prescindere dall'età, dall'istruzione, dalla provenienza geografica e sociale.

A proposito di sostenibilità, cosa significava questo termine prima di essere “scippato” dal lessico ecologista? Risponde Dell’Anna:

Il sostantivo sostenibilità è attestato in italiano dai primi decenni dell'Ottocento nelle accezioni 1. ‘caratteristica di ciò che può essere sopportato materialmente e idealmente’ (1823, StorEtim T), ad indicare la possibilità di sostenere, sopportare qualcosa, con oggetto perlopiù astratto, ad es. un impegno, una spesa, una iniziativa, una decisione, un evento, e 2. ‘caratteristica di ciò che è supportato, sostenuto con argomenti solidi e persuasivi, anche secondo un sistema di principi e regole’, detto perlopiù di un pensiero, di una teoria, di una posizione ideologica (1833, StorEtim T). Le due accezioni sono correlate alle analoghe dell'aggettivo di base sostenibile, attestato dalla seconda metà del Seicento.

Il libro dimostra intorno a una parola come sostenibilità, si può sviluppare, al giorno d’oggi, una riflessione molto ampia. Infatti vari linguisti offrono il loro punto di vista. Maria Vittoria Dell'Anna delinea, come abbiamo visto, una storia terminologica delle parole sostenibile e sostenibilità in rapporto ai significati assunti dalla locuzione sviluppo sostenibile. Marco Biffi cerca di determinare le strategie linguistiche e comunicative migliori per promuovere la sostenibilità. Chiara Coluccia (Università di Bologna) propone esempi delle parole di origine estera che stanno entrando o sono entrate a far parte del lessico italiano in questo campo. Francesca Fusco (Università di Padova) si dedica alla diffusione e al radicamento del termine greenwashing: si riferisce alle strategie di comunicazione perseguite da aziende, istituzioni, enti che spacciano per ecosostenibili attività che hanno un impatto negativo sull'ambiente. Michele Cortelazzo (Università di Padova) si concentra sui comunicatori che si occupano di divulgazione della sostenibilità e indaga sull’efficacia o meno delle scelte linguistiche. Francesca Maltagliati (Università di Firenze) svolge un'analisi sulla “lingua dell’ambiente” in alcuni programmi svolti su radio, tv e web. Giuseppe Sergio (Università degli Studi di Milano)) esamina un campione recente di inserzioni pubblicitarie proposte da uno dei principali quotidiani italiani. Michele Ortore (CNR) punta sulla scuola secondaria di I e II grado, studiando il modo in cui il tema è trattato nei manuali. La funzione svolta dal linguaggio per la costruzione della parità di genere in questo campo è il tema affrontato da Cecilia Robustelli (Università di Modena e Reggio Emilia). Claudio Marazzini (Università del Piemonte orientale) scrive di «ecologia degli idiomi nazionali» riflettendo sulla «sostenibilità delle lingue e la salute dell'italiano». 

L’ansia climatica

La sezione del libro che ospita i non linguisti è centrata sui rapporti tra natura e cultura. Massimo Bray, Direttore Generale dell'Istituto della Enciclopedia italiana “Giovanni Treccani”, propone un percorso sulla centralità delle parole nella formazione del pensiero, del vivere sociale e del senso etico e sul ruolo del linguaggio nella comunicazione dei temi della sostenibilità. Giovanni Ferrara (Ingegneria industriale - Università di Firenze) sostiene che per arrivare alla transizione energetica serve anche una «transizione comportamentale». Giuseppe Vivoli (Diritto dell’ambiente - Università di Firenze) illustra la presenza dei temi ecologici nella Costituzione italiana e nel diritto. Infine vengono descritte due esperienze originali: Lorenzo Baglioni, attore e cantante, descrive un esperimento di canzone didattica e sociale sul tema ambientale; Antonio Disi, divulgatore scientifico e ricercatore dell’ENEA, sottolinea che, attraverso la narrazione, le persone possono emozionarsi, sperimentare, trarre ispirazione per azioni collettive.

Di certo, oggi la preoccupazione per il futuro dell'ambiente non solo invade il lessico di ogni giorno. Pervade pure la nostra vita quotidiana, ansie incluse. Trovare le parole per esprimere queste ansie e trasformarle in comportamenti concretamente efficaci a tutela del pianeta è senza dubbio fondamentale. Parafrasando il celebre romanzo di Milan Kundera, l'insostenibile leggerezza della sostenibilità è una sfida per tutti: anche se ogni nostra scelta individuale può apparire ininfluente e leggera, tante microscopiche scelte sostenibili possono cambiare il corso degli eventi e proteggere la Terra, il suo ambiente, la sua natura, le sue creature e noi stessi.


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