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Affamati di cambiamento: se non muta il sistema alimentare, altri 115 milioni non avranno cibo


C'è un aspetto della pandemia che i media di tutto il mondo seguono soltanto marginalmente. E’ vero, anche noi del Corriere della Sera abbiamo pur raccontato più volte (sull’edizione cartacea e su Corriere.it) delle lunghe code ai centri della Caritas e delle sofferenze di chi — rimasto senza un lavoro, una fonte di reddito — fatica a mettere in tavola quanto serve per far mangiare una famiglia. Abbiamo parlato delle nuove carestie in Africa. Ma scarseggiano o vengono poco amplificate da giornali, radio, televisioni le analisi ad ampio spettro sulla attuale crisi alimentare internazionale collegata al Covid 19. Ecco perché in un anno, il 2021, che sarà ancora più critico per la trasformazione dei sistemi alimentari e la ripresa dalla pandemia, l’inviata speciale dell’Onu al prossimo Vertice sui sistemi alimentari del 2021 (FSS-21), la dottoressa Agnes Kalibata, ha deciso di pubblicare una lettera aperta ai governi europei, nella quale avverte: «Non è solo il cibo, la forma più primordiale di sostentamento, che verrà a mancare. Se da una parte una corretta alimentazione determina la salute e le prospettive di quasi 750 milioni di europei, dall’altra il cibo dà lavoro a circa 10 milioni di persone nella sola agricoltura Ue e promette crescita economica e sviluppo. Il cibo ha un impatto sui nostri ecosistemi, sull’aria che respiriamo, sull’acqua che beviamo e sul clima».


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