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Nasce il primo indice italiano sulla sostenibilità digitale


In Italia è nato il primo indice che misura il livello di consapevolezza dell’utente nell’uso delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità. Si chiama Digital Sustainability Index (DiSI) ed è stato messo a punto dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale. L’indice misura le correlazioni tra tre elementi dell’individuo: il livello di digitalizzazione, inteso come rapporto tra la propria competenza percepita e quella desumibile da fattori oggettivi, il livello di sostenibilità, inteso come il rapporto tra consapevolezza sul tema nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale ed i conseguenti atteggiamenti e comportamenti, e il livello di sostenibilità digitale, inteso come la propensione dell’individuo ad utilizzare consapevolmente le tecnologie digitali come strumenti a supporto della sostenibilità.

L’indice DiSI, che è stato costruito su un campione rappresentativo della popolazione italiana sulla base di 3.600 interviste con un mix di modalità (Cati/Cawi/Cami) e realizzato dall’Istituto Piepoli per la Fondazione per la Sostenibilità Digitale, ha già visto il suo primo impiego pratico. È stato infatti utilizzato per misurare la sostenibilità delle regioni italiane. Il Trentino-Alto Adige è risultato essere la regione più virtuosa, mentre Marche, Piemonte e Toscana sono i fanalini di coda.

“Quella che emerge dal DiSI è un’Italia molto diversa rispetto a quella raccontata dalle analisi tradizionali - afferma Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale - Il nostro obiettivo non è stato quello di indagare sul livello di digitalizzazione del territorio, ma comprendere come, in rapporto ad esso ed alla percezione del concetto di sostenibilità, le persone siano consapevoli del fatto che la digitalizzazione possa e debba essere strumento a supporto, appunto, della sostenibilità”.

I risultati della ricerca evidenziano diverse conferme e alcune sorprese: è il Trentino-Alto Adige a guidare la classifica, forte sia di un buon indice di digitalizzazione che di un alto coefficiente di cittadini che sono consapevoli del ruolo della tecnologia a supporto della sostenibilità. Ma in seconda posizione trova posto il Molise: regione caratterizzata da un bassissimo indice di digitalizzazione. In questo caso a posizionarla così in alto nella classifica è l’alta percentuale di cittadini che, pur in condizioni infrastrutturali spesso critiche, danno grande importanza sia alla sostenibilità che al digitale come strumento a supporto della sostenibilità. Seguono Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Sardegna. Marche, Piemonte e Toscana chiudono la classifica. A penalizzare queste regioni non è tanto il coefficiente di digitalizzazione che, fatta eccezione per le Marche, è al di sopra della media italiana, ma il rapporto molto sfavorevole tra utenti digitali ed utenti digitali che hanno consapevolezza del possibile ruolo della tecnologia come strumento della digitalizzazione, oltre a comportamenti conseguenti.

L’indagine della Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha poi suddiviso gli italiani in quattro categorie. Ci sono i “sostenibili digitali”, ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità e usano gli strumenti digitali, che sono un quarto della popolazione (26%): sono prevalentemente uomini di età dai 18 ai 44 anni (55% del cluster), laureati con un reddito superiore ai 30mila euro, vivono per lo più in grandi centri urbani del Nord Est e del Centro. Il 18% degli italiani rientra invece nella categoria degli “sostenibili analogici”, cioè di coloro che hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ma non usano gli strumenti digitali: sono sia uomini che donne di età superiore ai 44 anni (56% del cluster), hanno un titolo di studio medio basso e vivono per lo più in piccoli centri urbani del Nord e del Centro.

Ci sono poi gli “insostenibili digitali” (il 25% degli italiani): sono prevalentemente uomini di età dai 18 ai 44 anni (56% del cluster), diplomati e laureati con un reddito fino a 30mila euro e vivono per lo più in grandi centri urbani del Nord Ovest e del Sud e Isole. L’ultima categoria è rappresentata dagli “insostenibili analogici” (31%): sono prevalentemente donne di età superiore ai 44 anni (58% del cluster), diplomati con un reddito fino a 40mila euro, vivono per lo più in piccoli e medi centri urbani del Sud e Isole.

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