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Proteine e sostenibilità. Come mangeremo nel futuro?


I ricercatori del CREA Alimenti e Nutrizione hanno realizzato un questionario per valutare l’opinione e la percezione dei consumatori in merito ai prodotti analoghi o alternativi alle proteine di origine animale.

I risultati del questionario. Gli intervistati sono principalmente di età compresa fra i 30 e i 59 anni (65%), residenti nel Lazio (51%) e con titolo di studio elevato (laurea o superiore) (67%), in prevalenza donne (73%). Inoltre, si dichiarano onnivori (90%) e, solo in minima parte, vegetariani (5%) e vegani (meno dell’1%). Si tratta, insomma, di un campione che, pur non essendo rappresentativo della popolazione italiana, può fornire comunque utili indicazioni relative a tendenze in atto.

Gusto (61%), salute (56%) e caratteristiche nutrizionali (51%) guidano le scelte alimentari degli intervistati, mentre seguono distanziati costo (38%), tutela dell’ambiente (22%) e praticità d’uso (20%).

Nello specifico, per quanto riguarda il consumo di carne il 48,5% assume quella rossa 1-2 volte/settimana e il 33% meno di una volta/settimana, mentre il 46% mangia quella bianca 1 volta o meno/settimana e il 40% 2-3 volte/settimana. Da notare, però che il 65% è propenso a ridurne le quantità, da sostituire con legumi/prodotti a base di legumi (84%), pesce (67%), uova (46%), i cereali e i loro prodotti derivati (33%), i formaggi (26%), funghi e derivati (17%) e alghe e derivati (9%). Quindi fra i prodotti alternativi alle proteine animali prevalgono i derivati da legumi - burger, polpette, pasta – e il 65% li ha consumati in passato o li consuma.

Per quanto riguarda fonti proteiche lontane dalla nostra tradizione, prevale la diffidenza: solo il 30% degli intervistati assaggerebbe farina di insetti (il dato precipita addirittura all'8% se si parla di insetti interi), mentre si scende ancora al 25 % se si parla di disponibilità a provare la carne sintetica.

La ricerca sui nuovi prodotti alimentari (novel foods). Sui prodotti alternativi alla carne mancano evidenze scientifiche robuste, la definizione di un protocollo di produzione e una chiara regolamentazione. Ed è ancora tutto da definire anche il percorso per raggiungere l’equivalenza nutrizionale, organolettica e culturale.


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